01 agosto 2025

Lo Spettacolo Del Conflitto Online

Litigi in diretta, follower come tifosi: che cosa stiamo guardando davvero?



C’è stato un tempo in cui un disaccordo si affrontava con una telefonata, uno scambio privato, o magari con un silenzio che sapeva dire molto più di mille parole. Oggi quel tempo sembra lontano, sepolto sotto una montagna di contenuti in cui il conflitto non solo è esibito, ma anche confezionato, pubblicato e monetizzato.

YouTube, come altri spazi digitali, è diventato una vetrina per un nuovo tipo di spettacolo: il drama content. Discussioni, risposte, accuse e controaccuse che rimbalzano da un video all’altro, seguite da richieste di scuse pubbliche o, peggio ancora, da veri e propri attacchi personali. Il dissenso è ormai intrattenimento, e il confronto, che un tempo serviva a chiarire, oggi serve solo ad alimentare l’algoritmo.

Molti usano termini come dissing, prestiti da un linguaggio che un tempo apparteneva al mondo della musica o delle faide verbali, ora divenuti “generi” legittimati, normalizzati e consumati come fossero una nuova categoria di contenuti. Ma non si tratta più solo di linguaggio: si tratta di identità, di modi di esistere in rete, di modelli che si diffondono.

Il conflitto diventa virale, e attorno ad esso si forma una tifoseria. I follower, sempre più coinvolti, si trasformano in schieramenti: l'uno contro l'altro, pronti a difendere il proprio "creatore" come fosse una fede. La sezione commenti, che dovrebbe essere uno spazio di scambio, si trasforma in una trincea. Un luogo dove il dialogo si frantuma e dove anche un'opinione espressa con rispetto può essere attaccata con violenza.

Dietro ogni commento rabbioso, però, spesso si nasconde qualcosa di più profondo. Non si tratta sempre e solo di odio: talvolta è frustrazione, solitudine, senso di esclusione. La rete diventa un contenitore dove molti sfogano ciò che non riescono a elaborare altrove. E quando questi sfoghi si sommano, si crea un'eco collettiva che amplifica il disagio invece di curarlo.

YouTube, e il web in generale, non sono il male. Sono uno specchio, una lente che amplifica ciò che siamo. Ma se il riflesso è distorto, se la lente è incrinata, ciò che restituisce rischia di essere una caricatura dell’umanità. Una cultura della reazione, dove ciò che conta è rispondere in fretta, colpire duro, farsi notare.

E allora si può fare solo una domanda, semplice ma potente: Vogliamo davvero essere parte di questo spettacolo, oppure possiamo offrire un’alternativa più sana?

Chi si pone questa domanda ha già fatto un passo fuori dalla giostra. Forse non sarà il più applaudito, né il più seguito, ma sarà, nel suo piccolo, un gesto di resistenza. Una scelta di saggezza, in un mondo che sembra averne sempre meno.



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Frank Perna

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