Quando la legge resta fuori dalla porta e la logica si perde tra le carte
Ci sono pensieri che non si annunciano. Non chiedono permesso. Arrivano. E si infilano in testa come un rumore di fondo che cresce, cresce… finché non lo puoi più ignorare.
È lì che inizia tutto.
Quando il mondo, quello vero, quello sotto casa, ti racconta una storia così assurda da sembrare inventata. E invece è reale. Una casa, un proprietario, un contratto, e… un ladro che non ha scassinato nulla. È entrato, si è seduto, ha detto: adesso è mia.
Sì, perché c’è un tipo di furto che non prevede la fuga, ma la permanenza. Un tipo di crimine che non si consuma in pochi minuti, ma che si allunga per mesi, per anni. E la cosa più incredibile è che non è nascosto, non è segreto, non è misterioso. È perfettamente legale.
O almeno: lo è finché non si riesce a dimostrare il contrario.
E dimostrarlo, in Italia, significa affrontare un percorso che ha qualcosa di liturgico, rituale. Ufficiale giudiziario dopo ufficiale giudiziario. Accesso dopo accesso. Porta chiusa in faccia dopo porta chiusa in faccia. E ogni volta, si riparte da capo. Come se le precedenti non contassero nulla. Come se la legge, da sola, non bastasse mai.
Un paradosso perfetto: pagare un ladro per restituirti ciò che era già tuo.
E allora il cittadino si chiede:
allora qualcosa è rotto.
Non nella serratura. Nella logica.
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Frank Perna
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