12 maggio 2025

Quando un blackout accende la coscienza

Riflessioni su come l'assenza di elettricità possa risvegliare una consapevolezza dimenticata e riportarci alla nostra essenza umana.




Tutto era cominciato da una pubblicità, una di quelle che scorrono in TV tra una distrazione e l’altra. Stavano proponendo un termometro da cucina per misurare la temperatura dell’olio, eppure quel piccolo dettaglio aveva innescato un pensiero molto più grande. Non era tanto lo strumento in sé a colpire, quanto il fatto che venisse presentato come indispensabile per cucinare, come se nessuno sapesse più quando l’olio fosse pronto. Una conoscenza elementare, un tempo tramandata da madre a figlia o da nonno a nipote, oggi sembrava aver lasciato il posto a gadget venduti come necessità. Un tempo bastava uno stuzzicadenti e un occhio attento per leggere le microbolle nell’olio bollente. Oggi invece serve un dispositivo digitale.

E proprio da qui, come un domino silenzioso, nasceva una riflessione più ampia, più profonda: che fine ha fatto il sapere che un tempo si tramandava da generazione a generazione? Quella sapienza antica, fatta di gesti semplici, prove empiriche, intuizione, esperienza. Si è persa, soffocata dal progresso tecnologico e da una cultura della comodità che ha trasformato il necessario in superfluo e il superfluo in essenziale.

È un tema che va ben oltre la cucina. Pensiamo alla salute: una volta bastavano i famosi “rimedi della nonna” per curare piccoli disturbi. Oggi, persino per un banale raffreddore, molti si sentono perduti senza un medico o una farmacia a portata di click. Le nonne di una volta riconoscevano il linguaggio del corpo, usavano erbe, impacchi, alimenti semplici. Non avevano lauree, ma conoscevano l’umano. Quel sapere, però, non ha trovato eredi. È rimasto nei ricordi, forse nei racconti, ma non nella pratica quotidiana. E così, oggi, siamo pieni di conoscenze accessibili ma poveri di consapevolezza vissuta. Inesperti nel vivere.

Questo senso di dipendenza si riflette chiaramente nella nostra relazione con l'elettricità. È diventata la linfa della società moderna, eppure proprio la sua assenza, seppur improvvisa e rara, ci rivela quanto siamo diventati fragili. Alcuni blackout avvenuti negli anni, improvvisi, estesi, e silenziosamente terrificanti, hanno messo a nudo la nostra vulnerabilità. Non si tratta solo di restare senza luce. Si tratta di interi ospedali che rischiano vite, ascensori che diventano trappole verticali, sistemi di comunicazione e logistica che collassano. In pochi minuti, l’intero castello dell’efficienza tecnologica si accartoccia.

Ma accade anche qualcosa di imprevisto: quando tutto si spegne, qualcosa dentro si accende. È come se, nel silenzio dei dispositivi, si risvegliasse un’eco dimenticata. Si è visto in molte occasioni: con la rete down e i telefoni muti, le persone sono uscite per strada, hanno cominciato a parlarsi, a suonare, a ballare, a vivere. Scene che sembrano folli agli occhi digitali del presente, ma che appartenevano alla normalità solo qualche decennio fa. I bambini giocavano per le strade, i vicini si conoscevano per nome, e le giornate non erano misurate da notifiche ma da luce naturale e appuntamenti reali. Un blackout, a volte, può davvero accendere la coscienza. Ricordarci che siamo umani, non solo utenti.

Eppure, questo risveglio è sempre temporaneo. Appena torna la corrente, si torna anche ai social, alle app, ai dispositivi che riempiono il tempo e svuotano la presenza. È come se la realtà fosse diventata un piano B. Il paradosso è che oggi si può morire per ignoranza, ma non quella antica, bensì una nuova ignoranza sofisticata, tecnologicamente avanzata: quella che ci fa dimenticare come si viveva prima, come si risolvevano i problemi piccoli con soluzioni semplici.

Le aziende conoscono bene questa debolezza. La sfruttano. E ci vendono qualsiasi cosa. L’acqua in bottiglia, ad esempio, una volta faceva ridere. “Vendere l’acqua?” sembrava una battuta. Oggi invece è normalità. E viene da chiedersi: cosa succederà quando inizieranno a vendere anche l’aria, l’ossigeno, magari in bombole eleganti da portare con sé, perché "quello che respiri non è puro abbastanza". Lo faranno. Basterà convincerti che ne hai bisogno. Perché se ti allontanano dalla conoscenza, ti rendono dipendente dal prodotto.

Alla fine, tutto si stringe in un’unica, semplice verità: abbiamo dimenticato come si vive. E in questo vuoto di sapere, in questa perdita di memoria tramandata, i problemi piccoli di ieri sono diventati problemi enormi oggi. Ma forse non tutto è perduto. Forse ogni blackout, ogni assenza, ogni crisi momentanea è anche un’occasione. Per spegnere fuori e riaccendere dentro.



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Frank Perna

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