La società che applaude l'arroganza e condanna la gentilezza ha smarrito il senso dell'umano.
C'è qualcosa che non torna. C'è qualcosa che non funziona. Lo vedi ovunque, ogni giorno, anche senza cercarlo. Basta osservare, ascoltare, leggere o semplicemente vivere. E arriva quella sensazione, quel nodo che non è solo delusione: è stanchezza. È l'amaro che lascia il vedere una società che, invece di progredire, sembra regredire.
Stiamo diventando una comunità che non riflette, che non si chiede più il perché delle cose. Una collettività dove chi cerca di fare la cosa giusta viene frainteso, ridicolizzato, perfino attaccato. Dove chi semina gentilezza viene deriso, e chi semina odio riceve applausi. Sembra tutto capovolto. E in questo mondo capovolto, l'umanità smette di essere umana.
Quante volte si assiste all’ennesimo fatto, all’ennesima discussione, all’ennesimo processo pubblico sui social o nei bar, dove ciò che dovrebbe essere ovvio diventa confuso, e ciò che è chiaramente sbagliato viene difeso con convinzione?
Succede nelle grandi questioni, certo. Ma succede anche nelle piccole cose: nelle dinamiche tra le persone, nei commenti sotto un post, nelle relazioni quotidiane. È lo stesso schema, le stesse dinamiche. Cambiano solo le proporzioni.
E allora viene da chiedersi: ma come siamo arrivati fin qui?
Com'è possibile che il pensiero critico venga rimpiazzato dal pensiero gridato?
Com'è possibile che una società intera si lasci trascinare da apparenze, pregiudizi e superficialità, dimenticandosi dell’essenza?
Eppure, qualcosa dentro di noi lo sa ancora distinguere il giusto dallo sbagliato.
È sepolto, forse. Addormentato. Ma c’è.
Ed è a quello che bisogna parlare. È a quello che serve arrivare. Anche se per farlo serve uno sforzo doppio: parlare in un mondo che ascolta poco, amare in un tempo che premia il cinismo, restare umani in una civiltà che ha smesso di considerare il rispetto come valore.
Il mondo non ha solo bisogno di essere salvato: ha bisogno di essere risvegliato.
Sì, forse è vero che oggi l’intelligenza artificiale sembra più empatica dell’essere umano.
Ma è solo perché chi ha un cuore, spesso, non lo usa più.
Questa riflessione non nasce per puntare il dito. Nasce per tenere accesa la luce.
Per ricordare che c’è ancora chi pensa, chi sente, chi non si arrende.
E forse non cambieremo il mondo.
Ma se riusciremo a cambiare anche solo un cuore, allora non avremo scritto parole invano.
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