Quando il giorno non è ancora cominciato, eppure la mente è già lontana. Il pensiero del mattino ha leggi tutte sue.
C’è un’ora, spesso prima ancora che il giorno abbia il coraggio di alzarsi dal letto, in cui la mente si muove da sola. Non c’è rumore, non c’è traffico, non c’è dovere che abbia già bussato alla porta. Solo un cielo ancora buio, una tazza che fuma tra le mani, o magari il volante stretto nel silenzio di un’auto che taglia la città addormentata. È lì che qualcosa accade.
Non è meditazione. Non è ispirazione. È un pensiero che ne porta un altro, poi un altro ancora. Un concatenamento quasi involontario. Non serve sforzo. È come se i pensieri sapessero che prima dell’alba c’è più spazio per respirare. Meno distrazioni, più verità.
Ma succede a tutti? O è una fortuna di pochi?
Forse sì, forse no. Perché non tutti al mattino trovano un tempo vuoto in cui pensare. Molti, appena aprono gli occhi, devono già correre. Chi verso il lavoro, chi verso le responsabilità, chi verso le preoccupazioni. La mente si riempie subito di “fare”, e di spazio per il “pensare” non ne resta.
Eppure non è detto che manchi la capacità. Magari è solo una questione di possibilità. Di condizioni. Perché quando il tempo lo permette, la mente si espande, osserva, collega, riflette. E allora viene da chiedersi: se tutti potessero avere quei dieci minuti di silenzio, quel tratto d’auto sotto la pioggia, quella mezz’ora sospesa prima che inizi la giornata... non arriverebbero anche per loro i pensieri? Non scivolerebbero anche a loro addosso riflessioni nuove, libere, autentiche?
Anche solo per un minuto. Anche solo per sentirsi, finalmente, un po’ più umani.
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Frank Perna
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